C’era una volta Dubček e ora c’è Zelesky

Vent’anni dopo la Primavera di Praga Renzo Foa riuscì a parlare con il protagonista della fallita riforma del socialismo reale  che usciva dall’oblio dopo l’espulsione dal partito comunista cecoslovacco. L'intervista, ora ripubblicata, fu ripresa in tutto mondo.

1968 Praga invasa dai carrarmati sovietici. Foto Wikipedia
1968 Praga invasa dai carrarmati sovietici. Foto Wikipedia

Ci sono nomi che hanno un posto indelebile nel cuore dei ragazzi del secondo Novecento e che ora abitano in soffitta. Tutti sanno chi era Michail Gorbačëv, l’uomo della perestrojka e del tramonto dell’Urss, pochi ricordano Dubček, il regista della Primavera di Praga soffocata nell’agosto 1968 dall’invasione delle truppe del Patto di Varsavia. E ora che vediamo Volodymyr Zelensky  in mezzo ai lupi, stretto nell’ angolo tra Putin e Trump, ha un senso riscoprire Dubček e ripensarne il destino.

Vent’anni dopo la Primavera di Praga Renzo Foa andò a intervistare il protagonista della fallita riforma del socialismo reale  che usciva dall’oblio dopo l’espulsione dal partito comunista cecoslovacco e una ricollocazione da manovale in un azienda forestale dalle parti di Bratislava.

L’intervista fece il giro del mondo e fu ripresa ovunque: dal Washington Post al Quotidiano del Popolo a Pechino. L’incontro fu reso possibile dalle aperture gorbacioviane, ma non per questo  – apprendiamo da un piccolo libro che rimette in circolazione le parole e la memoria di Dubček – realizzarlo fu  facile. Anzi, fino all’ultimo rimase sospeso e condizionato dal rischio di un colpo di coda dei servizi cecoslovacchi.

Renzo Foa, scomparso quindici anni fa, era allora vicedirettore de L’Unità di cui avrebbe poi preso il timone, dirigendo il quotidiano nel biennio fervido e travagliato della fine del Pci (1990-1992), per approdare poi alla Fondazione Liberal. Da inviato di guerra in Vietnam e da testimone dell’agonia della dittatura di Franco in Spagna, scrive suggestivamente Stefano Folli nella sua prefazione a “L’Europa che non è stata. Intervista ad Alexander Dubček”, pubblicato da Succedeoggi Libri, Renzo Foa era stato un esploratore dei “buchi neri” dell’Occidente; con la stessa passione entrò  nelle ferite della storia per analizzare e  documentare la fine del comunismo.

Dubček e Foa qui parlano ancora secondo il galateo di un mondo scomparso, ma li sentiamo empatizzare profondamente. Entrambi sperano in una via d’uscita che salvi almeno l’umanesimo socialista: la perestrojka aveva allora resuscitato speranze evolutive anche in chi, come Dubček, aveva duramente sofferto. I comunisti  italiani gli erano vicini e – a differenza di quanto era accaduto per l’Ungheria nel 1956 – avevano condannato la repressione della Primavera di Praga.

Sentiamo il cuore dell’intervistato e quello dell’intervistatore battere all’unisono: entrambi ritengono ancora possibile la grande riforma. Sappiamo che non ci fu e che dopo il 1989 l’Europa orientale andò nella direzione opposta. Del resto, argomenta Andrea Graziosi nella sua postfazione, il nazionalismo è sempre il modo più cheap per riempire i vuoti. E senza l’attrezzatura concettuale e una visione dell’economia adeguata a società altamente sviluppate, le aperture democratiche non potevano bastare. Mancò, dice Dubček, anche un’altra idea dell’Europa.

Renzo Foa, L’EUROPA CHE NON E’ STATA. Intervista a Alexander Dubček, Succedeoggi Libri, pp.120, 16 euro

Temi, recensioni, interviste, reportage

Maria Bellonci

Le molteplici vite di Maria Bellonci

Alla fine del 2022, centoventesimo anno dalla nascita di Maria Bellonci, è stata inaugurata e aperta al pubblico la casa-museo dove si celebrano i riti del premio Strega. Lasciamo sullo sfondo l’icona della mondanità letteraria e, per una volta, occupiamoci della scrittrice: chi era Maria?

L’eterna emozione

Che cos’è un trauma catastrofico e perché i suoi effetti durano per generazioni. Un libro della psicoanalista Galit Atlas

Archivio articoli

Una selezione dal 2015

Biografie pop. Il caso di Leopardi e di Emily Dickinson

Due poeti grandissimi, lui anche filosofo e astronomo; lei anche botanica, naturalista, teologa. Le loro vite oggi sono fiabe per adolescenti che sognano in grande ma passano le giornate in solitaria e le notti a viaggiare in rete

In morte della cultura di massa. Un saggio di Vanni Codeluppi

Il mondo digitale non è più alternativo alla realtà, fa parte di noi e ci sta trasformando. Stiamo diventando sciame digitale e vivere in simbiosi con lo smartphone sta modificando i processi cognitivi. Un saggio di Vanni Codeluppi

La leggenda privata di Benedetto Croce, il redivivo

Un libriccino rilegato a mano nel 1916 rivela il “tema natale” del filosofo. Illumina il mito delle origini, la sua leggenda privata, in un punto dove vita e morte appaiono congiunte. L’inchiesta filologica di Emma Giammattei